Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, disposti in ordine cronologico.
Il Consiglio Nazionale del PSDI, riunito in Roma il 9 febbraio 2008, udita la relazione del Segretario politico, Mimmo Magistro, l'approva all’unanimità.
Il PSDI ha dato prova di serietà e rigore fino alla fine della legislatura rimanendo, in coerenza al mandato ricevuto dagli elettori nel 2006, nella maggioranza di centrosinistra a sostegno del governo Prodi malgrado al Partito sia stata sempre negata – senza alcuna giustificazione – una piena soggettività politica e pur avendo maturato ed espresso forti riserve nel merito di fondamentali scelte di politica economica operate e/o mancate da parte dell'esecutivo e della maggioranza.
Di fronte alla fine ingloriosa e drammatica della legislatura, la posizione dei socialdemocratici italiani non può non tenere conto di alcuni dati di fatto:
a) i modi e i tempi dello scioglimento delle camere hanno vanificato la possibilità di una riforma elettorale di tipo proporzionale ispirata al modello tedesco che il PSDI aveva indicato – anche nelle consultazioni con il Capo dello Stato e con il Presidente del Senato – come la più adatta alla realtà politica italiana, caratterizzata non solo e non tanto dalla eccessiva frammentazione quanto dalla mancanza di grandi forze popolari realmente alternative, animate da un forte, vero, riconoscibile disegno riformatore, che affondi le sue radici nella storia, nella cultura e nella migliore tradizione politica europea. Una legge proporzionale, anche con uno sbarramento capace di determinare nuove aggregazioni, avrebbe potuto creare un centro politico non di tipo neo-democristiano ma animato dalla volontà di regolare diversamente un sistema politico la cui bipolarità non è frutto di maturazione democratica ma imposizione di oligarchie che hanno disgovernato il Paese soffocandone le prospettive di crescita;
b) l'Unione di centrosinistra, della quale il PSDI è stato parte determinante, non esiste più, essendo stata dismessa – sia come interpretazione contingente del sistema bipolare sia come prospettiva futura – da parte del nuovo Partito Democratico che ad essa ha sostituito la suggestione “maggioritaria” ed il tentativo di praticare, imponendolo al Paese, un sistema bipartitico;
c) la “Costituente Socialista” ha lasciato cadere nel nulla l'originaria impostazione laico-riformista nella quale anche i socialdemocratici avrebbero potuto ritrovarsi, per correre verso la mera ricostituzione centralista del PSI, con una impostazione politica non del tutto condivisibile anche per il suo esasperato laicismo.
Queste considerazioni non attenuano ma rendono ancora più attuale il mandato che gli organi nazionali hanno ricevuto dal Congresso di Bellaria, di difendere e valorizzare l'autonomia e la dignità politica del PSDI, tenendo presente la storia del Partito che ne fa una componente della sinistra riformista che ha sempre collaborato con il centro moderato, così come la complessità dell'articolazione territoriale del Paese e soprattutto i contenuti programmatici che, più degli schieramenti artificiosi e pregiudiziali, devono stare alla base della collaborazione con altre forze politiche.
Quanto sopra considerato e premesso, con voto unanime il Consiglio nazionale da mandato all'Ufficio di Segreteria del Partito di intraprendere tutti gli opportuni contatti politici, le iniziative e le eventuali trattative necessarie per definire le alleanze, i modi e le forme della partecipazione del PSDI alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile 2008, con l'impegno di riferire alla Direzione ed al Consiglio Nazionale in tempo utile per assumere, collegialmente, le decisioni definitive.
Il Consiglio Nazionale del PSDI, comunque, mobilita il Partito per predisporre proprie liste alla Camera ed al Senato, anche con un proprio candidato premier, qualora le condizioni non garantissero dignità e visibilità al PSDI.
"Grande rispetto per la decisione del Capo dello Stato" viene espresso dal Segretario Nazionale del PSDI, Mimmo Magistro, circa la decisione di affidare al Sen. Franco Marini un incarico esplorativo per formare un nuovo governo. Per Magistro, “il Presidente Marini di cui il PSDI apprezza il grande equilibrio, non commetta l’errore di tentare di rimettere insieme i cocci del Governo Prodi recuperando qualche senatore centrista perché non è quella la strada per garantire al Paese la svolta di cui ha bisogno. Anziché cercare i Partiti “usa e getta” che stanno proliferando in queste settimane, faccia proposte originali e di ampio respiro che possano salvare la legislatura, non allungarne l’agonia per altri 2-3 mesi”. Per Magistro, “il PSDI che ha lealmente sostenuto il Governo Prodi con il suo deputato, On. Giorgio Carta, si riserva di valutare, con i propri organi, la posizione da assumere con il Sen. Marini, sulla base di eventuali proposte politico programmatiche che potrebbero essere sottoposte".
Come la maggioranza degli Italiani sono molto scettico che la crisi che sta stritolando, nelle sue perverse spire, il paese possa essere risolto, sic et sempliciter, con una nuova legge elettorale edulcorata. Per potere uscire dal baratro, nel quale sono sprofondati gli improvvidi cittadini,è improrogabile la nascita di un nuovo corso. Esso deve essere inaugurato con la volontà di ripristinare, nella mente e nei comportamenti dei cittadini, i valori etici della vera politica, che purtroppo negli anni sono sprofondati in quelli più deleteri, allontanando le forze genuine dagli interessi della res pubblica. Opportunismo, qualunquismo, egoismo, sciovinismo sono stati i live motive conduttori della politica che hanno inesorabilmente causato danni difficilmente riparabili,tra di essi il più grave la delegittimazione degli organismi istituzionali, baluardo dei diritti e doveri di tutti. Non esiste ambito pubblico o privato che non abbia visto l’occupazione dei poteri politici, che, se avessero provveduto a nomine meritocratiche, avrebbero potuto essere sopportate e positivamente valutate, invece esse hanno riguardato la collocazione irriguardosa di raccomandati delle caste familiari, che hanno arrecato danni gravissimi all’immagine del paese e che l’estero impietosamente rivela a caratteri cubitali sui suoi media. Il quadro politico che si presenta all’orizzonte è il medesimo che fino ad oggi ha comandato l’Italia e quello che stupisce è che i cittadini continuino imperterriti ad ascoltare e dare credito a personaggi screditati, che hanno ottemperato, con i loro comportamenti e Leggi, ai propri interessi, spesso al limite della legalità. Etica e legge elettorale rappresentano il binomio inscindibile per ridonare all’Italia serenità e democrazia, sperando che i suoi cittadini capiscano la lezione e imparino che fare parte della comunità europea significa seguire le sue Leggi e adoperare i suoi finanziamenti per risolvere opere urgenti e non certamente per riempire le tasche di approfittatori, di ‘ndrangheta, camorra, mafia o altre organizzazioni criminali. Spero che queste mie esternazioni trovino un terreno fertile per una coltivazione pregiata e che risvegli negli animi degli scontenti, frastornati, disillusi, increduli, una piccolissima fiammella che dia vita ad un fuoco riparatore e che restituisca alla politica l’onorabilita’ che i nostri padri costituenti avevano ipotizzato e sancito. Aiutiamo con la nostra intelligenza l’Italia ad uscire dal miasma nel quale deliberatamente, per volontà di pochi, che però contano, è stata sprofondata e cerchiamo di donarle un governo stabile che garantisca con leggi giuste la sicurezza economica e fisica di cui i cittadini effettivamente necessitano. Questa rappresenta la mia speranza!!
Ciro Tinè
Il compagno Angelo Scavone, docente di Diritto Costituzionale presso l'Università degli Studi di Bologna, è stato negli anni '70 Segretario Nazionale della GSDI. Da sabato scorso è il nuovo Segretario Regionale PSDI dell'Emilia Romagna, eletto all'unanimità dal Direttivo Regionale, alla presenza del Presidente Nazionale , Alberto Tomassini. Come primo atto politico, il compagno Scavone ha voluto inviarci una sua riflessione sugli adempimenti del Capo dello Stato e le possibili soluzioni.
LE RIFLESSIONI DI UN COSTITUZIONALISTA
di Angelo Scavone
La situazione politico costituzionale che ha di fronte il Presidente della Repubblica risulta oltremodo complessa, nonché complicata da innumerevoli fattori.
Appare utile elencare alcuni punti fermi di comune condivisione. Il primo è che la legge elettorale attualmente in vigore presenta un elevato fattore di rischio per la possibilità di maggioranze divergenti tra le due Camere. E’ bene ricordare che tale disfunzione fu la conseguenza del richiamo rivolto al legislatore dal Presidente Ciampi al rispetto dell’art. 57 della Costituzione (base Regionale dell’elezione dei senatori). La conseguenza di tale considerazione è che l’attuale legge elettorale non può essere oggetto di piccole modifiche idonee a garantire la omogeneità di indirizzo politico dei due rami del Parlamento. Occorrerebbe invece una riforma elettorale di ampio respiro, anche in correlazione al quesito referendario già in stato di avanzato iter procedimentale. Per porre mano alla legge elettorale potrebbe quindi darsi luogo ad un ministero tecnico, istituzionale o “del Presidente” capace di varare una nuova legge elettorale idonea a superare sia la crisi di governo, sia la consultazione referendaria. Rispetto a tale disposizione, resta tuttavia lo scoglio del consenso bipartisan, che, allo stato, non sussiste, per la contrarietà del maggiore partito di opposizione. La seconda notazione riguarda la fase genetica del Governo Prodi, testè sfiduciato. Si è trattato di un ministero che ha governato “come se” potesse contare su un ampio consenso parlamentare, anziché, più realisticamente, fare i conti con una situazione di grave difficoltà, quantomeno al Senato della Repubblica. Non avere preso in considerazione né per le cariche istituzionali dello Stato, né per quelle di governo la ipotesi, peraltro sostenuta anche dal leader della opposizione, di grande coalizione, ha causato notevoli difficoltà di indirizzo politico ed ha rappresentato la causa diretta dell’attuale situazione di crisi e di ingovernabilità. Risulta ora del tutto evidente il conflitto tra gli interessi generali che non depongono a favore di elezioni immediate, comunque ad alto ed oggettivo rischio di ripetere l’attuale situazione a parte invertite e quelli dei partiti protagonisti dell’agone politico. Al Presidente della Repubblica potrebbe essere suggerita sommessamente una soluzione di mediazione tra queste due opposte, ma egualmente legittime esigenze, favorendo il ricorso alle urne (giustamente preteso dal leader dell’opposizione) per la sola camera nella quale il Governo è stato sfiduciato. La Camera dei Deputati invece, dove il Governo ha ottenuto la fiducia, potrebbe non essere sciolta anticipatamente, in ossequio a vari principi costituzionali ed al fine di garantire, una seppure parziale, continuità della legislatura. Inoltre, questa soluzione consentirebbe al corpo elettorale di pronunciarsi a favore di una soluzione di grande coalizione, poggiata sul consenso elettorale e non su quello delle segreterie di partito qualora, come è verosimile, al Senato della Repubblica lo schieramento attualmente all’opposizione ottenesse una larga maggioranza.A quel punto il Governo di grande coalizione, auspicato dal Presidente della Repubblica, costituirebbe non soltanto una soluzione obbligata, ma anche una soluzione indicata dagli elettori, idonea a formare un Governo non soltanto del Presidente, ma anche del corpo elettorale. Il Presidente della Camera alta sarebbe espressione dell’attuale opposizione e costituirebbe un bilanciamento rispetto all’attuale grave squilibrio istituzionale. Il Governo di grande coalizione non dovrebbe soltanto occuparsi della riforme elettorali, ma anche delle gravi emergenze nazionali, che è inutile qui ricordare. Ultimata la fase di collaborazione istituzionale, con la messa a punto di idonee riforme, eventualmente anche costituzionali, si potrebbe ritornare alle urne per entrambe le Camere riallineando i mandati di Camera e Senato e ritornando ad una fase di normalità costituzionale.Si tratta di una soluzione che consentirebbe di superare l’attuale stato di impotenza politico-costituzionale che conduce l’opinione pubblica a dovere scegliere tra due mali ugualmente inidonei ad affrontare le emergenze nazionali e cioè la prosecuzione della legislatura con Governi poco o punto rappresentativi, ovvero le elezioni anticipatate con la ripetizione degli schemi già logori dell’ultimo quindicennio.
di Ciro Tinè
Spesso ci si meraviglia perché i giovani sono disamorati e distanti dalla politica, ma se analizziamo i comportamenti di coloro che la rappresentano, dobbiamo convenire che è talmente degradata da non poterla giustificare, senza incorrere nella facile, qualunquistica,retorica e quindi in una difesa squalificata e perdente. Se ci capita di seguire i lavori parlamentari ci si trova davanti ad uno squallore mortificante, e, coloro che hanno sempre sostenuto che la politica è l’arte del dialogo e della ragionata mediazione, devono ricredersi in quanto essa non rappresenta un servizio al cittadino, ma l’acquisizione di nuovi privilegi. Ci si rende conto, continuando l’analisi, che l’attività dei politici è sostenuta da vassalli e questuanti che sono pronti, per il proprio opportunismo, ad assecondarli in tutte le decisioni siano esse trasparenti o molto spesso molto ambigue. Questo rappresenta humus in cui nuotano e nella mente del comune cittadino affiora la domanda conseguente : cosa non si eseguirebbe per il proprio tornaconto? Per fortuna questo modo di pensare, se pur diffuso, non è predominante ed esiste una moltitudine di giovani che si ribella culturalmente a questa squallida rappresentazione della politica e si mantiene prudentemente lontano, acuendo sempre più il proprio ragionato distacco e quindi l’impossibilità di rinverdirla e svecchiarla. Sembra che chi abita nella domus aurea non voglia esaminare questo stato delle cose e continui, senza tema di smentite, a concepire la politica come proprio patrimonio o dote di vita, infischiandosene platealmente, sicuro della molteplice manovalanza di schiere di vassalli e questuanti. Saremo in grado di attuare il rinnovamento necessario? Ai posteri l’ardua sentenza! ( A.Manzoni)
LE RIFLESSIONI DEL PSDI
di Antonello Longo
Come previsto, la Corte Costituzionale ha deciso di ammettere tutti e tre i quesiti referendari sulla legge elettorale proposti dal comitato Segni-Guzzetta. In attesa di capire qual'è il significato che i valenti giudici della Consulta attribuiscono al solenne principio contenuto nell'articolo 48 della Costituzione Repubblicana, in base al quale il voto degli elettori non solo è libero e segreto ma deve anche essere “uguale”, ci apprestiamo a seguire gli sviluppi che questa vicenda determinerà nella politica nazionale. La situazione politica è in fase di rapida evoluzione, il governo Prodi, oggi anche, ad interim, ministro guardasigilli, si regge – paradossalmente – sulla stessa incertezza del quadro politico ma è incalzato ogni giorno da una cronaca sempre più inquietante. Il referendum, la cui celebrazione non sarà facile evitare, sembra fatto apposta per accelerare la crisi politica e quindi rallentare il processo riformatore. Ai tre quesiti, io credo, si può rispondere soltanto NO, anche se l'alternativa di un accordo attorno al testo preparato dal costituzionalista Vassallo o sulla “bozza Bianco” si profila come rimedio peggiore del male. Se, d'altronde, la crisi precipitasse verso elezioni politiche anticipate il PSDI valuterebbe approfonditamente – anche in considerazione della legge elettorale con la quale si andrebbe al voto - le ragioni di opportunità e di coerenza da mettere alla base di eventuali proposte di alleanza elettorale, coinvolgendo tutte le istanze del Partito, a partire dal Consiglio Nazionale e dai Coordinamenti Regionali, per adottare scelte maturate attraverso il dibattito più ampio ed approfondito possibile. Abbiamo ritenuto doveroso, nelle scorse settimana, ricercare un dialogo con i compagni della Costituente Socialista, per prospettare loro un quadro di collaborazione nelle realtà locali e di possibile alleanza nella politica nazionale. Abbiamo dovuto prendere atto che essi, in questa fase, non concordano con noi nel ritenere prioritario un raccordo tra i gruppi dell'area socialista, laica, socialdemocratica e liberale. Se i due convegni di Bertinoro avevano aperto speranze in quella direzione, la concreta realizzazione del PS si è caratterizzata, nei fatti, per la scelta di ricostruire il vecchio PSI nella sua mentalità centralista, nella pratica del notabilato, nella scelta di privilegiare nei contenuti un forzato anticlericalismo piuttosto che il rigore di una visione laica e liberale dello Stato e della società. La nuova legge elettorale, se, quando e come arriverà, darà la cifra del realismo o, al contrario, del velleitarismo dei gruppi dirigenti dei partiti di più ridotte dimensioni, tenuto conto che è comune l’interesse alla sopravvivenza mentre la polverizzazione della galassia riformista (che comprende diverse ispirazioni, non esclusa quella cattolico-democratica) danneggia tutti. L'idea di chi scrive è che i soggetti politici di piccola dimensione possono trarre una ben modesta utilità dall'assecondare in modo conformista le posizioni dominanti. Al contrario, la rivendicazione di una soggettività politica da far riconoscere e rispettare trova alimento solo in una lettura critica dell'attuale configurazione del sistema politico così come delle proposte di riforma elettorale, referendum compreso, che oggi si contendono il campo. La nascita del Partito Democratico, alla ricerca di modelli e contaminazioni di grande suggestione ma distanti dalla socialdemocrazia liberale europea, ha modificato profondamente il quadro di riferimento del centrosinistra, abbandonando la strada tracciata dall’Unione per inseguire il disegno del partito carismatico, egemone nella direzione politica del Paese, in alternanza con una forza speculare da insediare e legittimare nell’area conservatrice. La pronta risposta di Berlusconi, che trasforma Forza Italia e liquida la “Casa delle Libertà” per secondare quella prospettiva, determina la fine di fatto della cosiddetta “Seconda Repubblica”. Una stagione impostata su un’artificiosa forma di bipolarismo, estranea tanto alla tradizione ed alla cultura politica del nostro Paese quanto all’impianto costituzionale della Repubblica. La commedia dell’avvicendarsi tra Berlusconi e Prodi si è alimentata del continuo confronto fra stili di vita e interessi di potere divergenti ma non fra progetti di governo effettivamente alternativi. Il PSDI non potrà che prendere atto di eventuali accordi trasversali in Parlamento per approvare nuove regole elettorali basate sull’aspirazione a garantire una più tranquilla governabilità. I socialdemocratici non considerano positiva la frammentazione del sistema politico ma si battono perché questo mantenga o, meglio, acquisti una reale democraticità. Per governare e decidere senza condizionamenti servono riforme che snelliscano il processo legislativo, tenendo conto della scelta federalista contenuta nel Titolo V della Costituzione, e rendano più forte il potere esecutivo. Le leggi elettorali devono mettersi a sostegno dell’architettura costituzionale e non viceversa. E’ legittimo desiderare e proporre per l’Italia un sistema presidenziale o semipresidenziale. In questo caso la legge elettorale più adatta è quella maggioritaria ad unico o doppio turno. Se invece – come il PSDI ritiene preferibile – si vuole rafforzare e rendere più funzionale la democrazia rappresentativa in un sistema parlamentare, la legge elettorale di riferimento non può che essere proporzionale. L’introduzione di una soglia ragionevole di sbarramento da sola basterebbe a ridurre drasticamente la proliferazione delle liste e dei gruppi parlamentari. Il sistema mediatico avalla la grande mistificazione che fa credere alla gente che ridurre i margini della rappresentatività democratica e impoverire il dibattito oscurando voci che vengono dal socialismo riformista, dall’area laica, liberaldemocratica e del cattolicesimo democratico, possa davvero conferire efficienza e capacità di governo a chi non ne ha dato prova in questi anni. Ma, di fronte all’implodere di un sistema, con l’Italia che paga gli effetti di tre lustri di non governo, non riteniamo accettabile che oggi quanti hanno detenuto saldamente le leve del potere e fatto percepire forte e chiaro ai cittadini e alla politica il segno del comando, trovino utile addebitare i rifiuti e le macerie che gravano il Paese non ad un proprio grave difetto di cultura e di capacità riformista ma al fatto che esistano formazioni politiche che si battono (con più vasti o più modesti consensi, con più alto o più basso profilo) in difesa di posizioni politiche che sono spesso le più antiche e nobili della nostra storia.
Appunti per le prossime Elezioni Amministrative
Partecipa al dibattito
Nessuno può legittimamente rivendicare la titolarità dei concetti saragattiani di libertà e giustizia sociale: è la loro sintesi che va cercata e praticata in ogni strategia di riforma. In questo senso il PSDI vuole contribuire al dibattito politico in corso nel Paese indicando le due grandi premesse e i dieci punti di programma che ritiene prioritari. La prima premessa è che la riforma dello Stato, con gli interventi di modifica della seconda parte della Costituzione repubblicana è precondizione per una svolta di modernità e di efficienza. In tal senso il PSDI – pur nella consapevolezza dell’iter per le riforme costituzionali previsto dalla stessa Carta – ritiene tanto importante e di tanto valore storico il passaggio epocale verso una nuova fisionomia della Repubblica da rendere preferibile l’elezione di una nuova Assemblea Costituente da cui gli italiani trarrebbero enorme tensione morale e una formidabile spinta di rinnovamento. Altro aspetto pregiudiziale è la battaglia da sostenere non solo per difendere la posizione dell’Italia nell’Unione Europea e nell’area dell’Euro – è questo, a ben vedere, l’unico elemento vero e forte di riforma strutturale che l’Italia ha raggiunto negli ultimi decenni – ma per rilanciare il processo costituente europeo. Passare dall’economia comune ad una comune politica europea è un passo fondamentale per fare dell’Europa strumento di pace per il mondo e di progresso e stabilità economica per i suoi popoli. Il profilo di una politica riformista da porre alla base dell’azione di governo deve contenere impegni e progetti chiari e realizzabili in un quadro di compatibilità economiche, considerato il peso del debito pubblico che frena le possibilità di investimento e segna la vera discriminante tra l’Italia e gli altri Paesi europei. I punti del decalogo riformista non sono, naturalmente in ordine di priorità temporale ma insieme costituiscono la base e le urgenze per superare i ritardi più gravi e correggere gli errori di fondo che rendono più ingiusta e meno vivibile l’esistenza degli italiani. 1) Il Mezzogiorno, che è il vero, grande assente nelle scelte di politica economica e nell’amministrazione quotidiana del governo Prodi, è il fattore di maggiore criticità che compromette lo sviluppo dell’intero Paese. Il dislivello territoriale che spacca in due la realtà nazionale ricade su tutti gli italiani in termini di costi sociali e diseconomie. 2) Il sistema dell’istruzione pubblica e la ricerca scientifica sono alla base di qualunque ipotesi di rilancio della produttività e della competitività del sistema Italia, puntando soprattutto sui giovani, sul merito, sull’innovazione e sulla qualità della formazione. 3) La libertà del mercato si favorisce garantendo reali condizioni di concorrenza e contrastando il potere dei monopoli soprattutto nei settori strategici della comunicazione e dei servizi locali. 4) La realizzazione di grandi infrastrutture è indispensabile per consentire al sistema produttivo di svilupparsi, razionalizzando i costi delle imprese, creando nuove possibilità di mercato e permettendo al Paese di crescere armonicamente. 5) Il nuovo Statuto delle Autonomie Locali deve dare corpo e sostanza alla scelta federalista costruendo una nuova fisionomia funzionale della finanza locale e dotando il federalismo fiscale di meccanismi perequativi che senza lasciare indietro le Regioni più svantaggiate conferiscano loro una nuova dimensione di governo. 6) La riforma della Giustizia è diventata ormai una esigenza fondamentale dei cittadini. La ritardata giustizia penale e civile, l’incertezza della pena, il continuo ricorso a provvedimenti che limitano il rispetto della sfera di libertà e riservatezza dei cittadini, costituiscono ormai una vera emergenza sociale. 7) Sicurezza e rispetto della legalità sono le richieste più frequenti e sentite dalle famiglie e dalle imprese. La tutela della libertà e dell’integrità delle persone, delle aziende e dei loro beni patrimoniali è un dovere preciso dello Stato ed un diritto fondamentale dei cittadini. 8) La Salute, i servizi sociali, la qualità della pubblica assistenza, l’accoglienza dei lavoratori stranieri rappresentano una dimensione della vita sociale del Paese che ha assunto la rilevanza di una grande questione civile ed economica. 9) La riforma del Welfare, la salvaguardia del lavoro come valore essenziale per la società e la vita dei cittadini sono il cuore di ogni politica attenta ai meriti, ai bisogni, ed all’equità. Obiettivo è la stabilità e la qualità del lavoro, ridimensionandone gli aspetti di precarietà, separando assistenza e previdenza, evitando che il maggiore peso del sistema pensionistico ricada sui giovani e sui nuovi lavoratori, difendendo il potere d’acquisto di salari e stipendi attraverso il recupero di una politica dei redditi sostenuta dal concerto delle parti sociali. 10) La tutela ed il risanamento dell’ambiente, delle coste, della montagna, del patrimonio paesaggistico, artistico e monumentale, le politiche di contrasto al degrado territoriale ed al dissesto idrogeologico, il contrasto agli effetti drammatici del mutamento del clima, una politica industriale volta a privilegiare l’agricoltura, il turismo e l’ambiente rurale, sono parte necessaria di una strategia di sviluppo che crei valore senza pregiudicare la qualità della vita e le future generazioni.
Il dibattito sulle due leggi 40 e 164 sull'aborto e ricerca delle malformazioni nell'ovulo fecondato deve coinvolgere il partito e la coscienza di ognuno di noi.Il ministro Livia Turco propone una modifica della legge 40 a favore di una sana procreazione e il mantenimento della 164 in quanto legge equilibrata.Sono posizioni a mio modesto avviso condivisibili nell'ottica di uno stato laico e neldiritto di libera scelta della donna.NO a posizioni di moratoria SI ad accettare i nuovi confini della scienza e dell'etica.
F.TO GIUSEPPE D'AMBROSIO responsabile settore sanita.
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